Continuiamo con il secondo episodio, questa volta è il turno di Bardo, La Cronaca Falsa Di Alcune Verità.
Bardo, la Cronaca Falsa di Alcune Verità è una commedia drammatica del 2022 diretta da Alejandro Gonzáles Iñarritu. Il regista ritorna alla realizzazione di una pellicola interamente interpretata in spagnolo e ambientata principalmente in Messico.
Le vicende vedono come protagonista il documentarista messicano Silverio Gama alle prese con l'intreccio costante di realtà ed immaginazione.
Attenzione! Il seguente articolo contiene degli spoiler!
Il DoP Darius Khondji, già noto per To Rome With Love e Panic Room, ci regala un'esperienza immersiva condita con interessanti scene oniriche.
La pellicola fa un largo uso, infatti, di elaborate digressioni psicologiche, alcune volte a stampo surreale, dal forte impatto estetico. Lo stile è elegante e cattura inevitabilmente l'occhio dello spettatore. I lunghi piani sequenza, inoltre, tendono a rimarcare l'immersività dell'esperienza per i fruitori.
Il film è stato rilasciato sulla piattaforma streaming Netflix, che ne ha curato la produzione. È stato interamente girato sulla pellicola da 65 mm (una rarità per tali servizi di streaming) con una Alexa 65 grande formato e la lente Panavision Sphero.
Il processo di ricerca delle location si è concluso con la scelta di Mexico City, Los Angeles e Baja California Sur. L'intento di Iñarritu, ricalcando lo stile visivo di Birdman è quello di rappresentare immagini visivamente profonde per colpire lo spettatore, ma perdurare nelle loro menti. Girando inoltre a 17/21 mm, si ha l'impressione di vivere una realtà distorta e "allungata" verso l'infinito.
Lo stesso Khondji ammette di amare la profondità di campo superficiale e di essere contrario all'utilizzo del deep focus perchè l'essere umano non vede la vita in quel modo. Tuttavia, per questo film ha scelto deliberatamente l'utilizzo dello stesso perchè esalta maggiormente lo storytelling. Dato che Iñarritu avrebbe preferito vedere il mondo e l'ambiente intorno ai personaggi, si è deciso di ampliare la profondità di campo. Sarebbe stato un film molto diverso, altrimenti.
L'obiettivo era quindi quello di non sfocare troppo lo sfondo rispetto agli attori, ma con una camera quale la Alexa 65 a grande formato, ciò risultava difficoltoso, se non impossibile. Dato che Khondji però era fermamente convinto di usare quella camera, la soluzione si concretizzò nell'usare un diaframma più chiuso, proprio per aumentare la profondità di campo.
Khondji ha dichiarato che gli attori sono la cosa più importante e che l'unica camera che avrebbe reso al meglio tutto ciò, unito ad un certo piacere nella visione del film, è proprio la Alexa 65 a grande formato. Il risultato finale è ottimo e molto soddisfacente per il DoP.
L'unica eccezione, l'unica scena non filmata con la Alexa 65 è la sequenza iniziale/finale dove vediamo l'ombra del protagonista Silverio correre e librarsi nel deserto. Per potere ottenere questa suggestiva inquadratura si è utilizzato un drone, il quale però poteva reggere un peso inferiore rispetto all'Alexa 65; per questo, la scelta è virata su una Alexa LF, decisamente più leggera e quindi più gestibile. L'ombra di Silverio è stata poi creata ed aggiunta dal team degli effetti speciali.
Un'altra scena molto significativa ai fini della nostra analisi, è quella in cui vediamo il protagonista abbandonarsi ad un momento di festa, ballando nel California Dancing Club. La scenografia è decisamente più complessa di quanto sembri; innanzitutto, sono presenti circa 800 comparse che non sempre sono semplici da gestire. La lunga ripresa è stata effettuata con la Arri Trinity, una combinazione di steadicam e stabilizzatore che permette di ottenere inquadrature altrimenti piuttosto difficili da avere. A maneggiare l'attrezzatura, soprannominata "Il Mostro" da Khondji, l'operatore Ari Robbins, già arruolato per la riprese acrobatiche di Everything Everywhere All At Once e La La Land. L'enorme flessibilità del "mostro" rendeva però necessario opportunamente celare qualsivoglia luce artificiale presente sul set. Alcuni accorgimenti pratici a livello di luci sono stati adottati e diretti da Lukas Hippe, che Khondji dice essere come il Mozart dell'illuminazione.
In generale, l'intero film richiama l'estetica surrealista di Salvador Dalí e neorealista di Federico Fellini.
Con l'avanzare dell'età, l'esperienza di vita di Silverio accelera inesorabilmente e tutto scorre in maniera fluida fra realtà e fantasia, in un tumulto di immagini e ricordi. La cinematografia di questa pellicola segue proprio questo percorso e questa modalità di spostamento fra una scena e l'altra, quasi come se fosse un flusso di coscienza, o come lo chiama il regista "un grande guacamole".
Iñárritu apprezza la volontà del DoP di andare incontro alle sue idee uniche e di utilizzare le nuove tecnologie che meglio si prestano per la realizzazione delle stesse. Ovvio che nasca una meravigliosa collaborazione fra i due, il tutto con una splendida intesa a monte, addirittura dalla prima telefonata.
Khondji si è dimostrato fin da subito molto aperto mentalmente e pieno di energie positive. Estremamente propositivo, dava il suo parere per migliorare ogni singolo aspetto della produzione, addirittura si è dato alla sperimentazione di diverse textures e rese dei muri delle varie scene.
Per oggi è tutto, il prossimo articolo sarà su Elvis.
Grazie per aver letto il post.
Claudia
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