Benvenuti nel primo post della serie “Road to Oscars – The Cinematography of…” di questo 2023.
La prima pellicola che prenderemo in esame è Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale.
Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale è un film bellico di produzione tedesca del 2022 diretto da Edward Berger; è candidato a numerose statuette, fra cui appunto Miglior Fotografia. Si tratta del terzo adattamento cinematografico del libro di Erich Maria Remarque del 1929.
Attenzione! Il seguente articolo contiene degli spoiler!
La spettacolare fotografia del DoP James Friend si contrappone alla fredda crudeltà degli scenari della Prima Guerra Mondiale, nella quale l’intera pellicola è ambientata. Siamo abituati a pensare ai film horror come quelli che hanno come elemento principale il sovrannaturale, la violenza psicologica, i cosiddetti “jumpscares”, ma non siamo di certo soliti associare la guerra ai film di genere. Ecco, con Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale, non andremmo molto lontani nell’affermare che il film possa in qualche modo esservi associato. Del resto, cosa c’è di più spaventoso della crudeltà umana? Lo stesso Friend ha dichiarato che le sue condizioni psicologiche sono state messe a dura prova durante la realizzazione di questo film. Anche perché, per prepararsi ha visionato numerose pellicole a stampo bellico, fra cui 1917 di Sam Mendes, sua ispirazione.
Dato che i giorni disponibili per girare il film erano solo 52, tutto doveva essere minuziosamente preparato in anticipo. Ci sono voluti mesi e mesi al regista e al DoP, chiusi in una camera d’albergo a Berlino, per preparare gli storyboard definitivi così, al momento delle riprese, tutte le decisioni erano già state prese. Lo stesso Friend ha dichiarato di non essere mai stato così preparato per un film prima di ora.
Le riprese sono iniziate non senza difficoltà; teatro dello svolgimento delle scene è stata la Repubblica Ceca, l’obiettivo era infatti quello di far in qualche modo rivivere le condizioni nelle quali i soldati si trovavano realmente sul fronte occidentale. Quasi tutte le scene, infatti, sono state ambientate in set reali; Friend e Berger erano del parere che ciò avrebbe certamente conferito autenticità all’opera. Perfino le esplosioni non sono state aggiunte in digitale, ma sono effetti pratici. Pochi accorgimenti sono stati adottati a livello di digitale; uno di questi riguarda l’aggiunta in CGI delle comparse dei soldati che partecipano attivamente allo scontro in alcune scene.
Purtroppo, ma prevedibilmente, il terreno era completamente ghiacciato quando il sito è stata scelto; cionondimeno, bisognava iniziare a scavare le trincee per l’allestimento del set. Impresa non da poco, resa ancora più ardua dal fatto che al disgelo seguirono pioggia, freddo e formazione di fango. Il livello di quest'ultimo era talmente alto che si sprofondava fino ai fianchi e si è reso necessario l’intervento dei soccorsi.
Possiamo notare un parallelismo metaforico in tutto questo. Così come la troupe si è letteralmente immersa in condizioni lavorative difficoltose, anche lo spettatore viene catapultato nell’atmosfera di guerra. Sembra quasi infatti di essere testimoni diretti delle gesta del soldato di turno inquadrato sullo schermo, primo e più importante: Paul Bäumer. Respiriamo con lui, vediamo attraverso i suoi occhi, abbiamo i suoi stessi timori, proviamo la stessa ansia e gioiamo per le stesse piccole vittorie (personali, più che belliche) che riescono in qualche modo ad alleggerire i nostri cuori, seppur per una manciata di secondi. Insomma, una vera e propria esperienza che coinvolge le nostre percezioni sensoriali.
Berger and Friend hanno dichiarato che le vicissitudini e il viaggio di Paul rappresentavano per loro una sorta di Stella Polare. Tutte le decisioni a livello registico e fotografico sono state prese con l’intento di porre lo spettatore nei panni del giovane soldato. Un unico indiscutibile protagonista, una sola macchina da presa.
James Friend si serve di un sapiente utilizzo dei colori per rendere al meglio la fruizione. Le tonalità variano dall’ocra rosso sanguigno al freddo blu che vira al grigio. Il tutto all’occorrenza, al punto giusto e affiancato dalla regia di Berger che riesce ad esaltare la teoria dei colori. La tavolozza utilizzata senza dubbio aiuta visivamente il passaggio dall’inverno alla primavera, con le fredde tinte blu che lentamente lasciano il posto ai tenui colori pastello tipici della primavera, che simboleggia la giovinezza, la speranza e tutto ciò che è bello ed innocente.
Interessante è l’utilizzo della luce per tutta la durata del film per portare sullo schermo l’oscurità della guerra, catturata perfettamente dalle cineprese a largo formato. Del resto, come dichiarato da Friend stesso, quando ci si imbarca in un’impresa cinematografica simile, il risultato è altamente influenzato dalla resa della fotografia.
Degna di nota, è indubbiamente la scena clou di tutto il film e probabilmente anche la più cruenta: la sequenza nella quale il giovane Paul si ritrova al fianco del soldato francese che perirà di lì a poco per mano dello stesso protagonista.
Paul, in un impeto di istinto di sopravvivenza e già visibilmente segnato dagli orrori della guerra, prevale sul soldato francese, pugnalandolo più volte con violenza. “Mors tua, vita mea” si riflette nei suoi occhi. Subito dopo Paul, si accorge del gesto compiuto e la sensazione di rimorso è inevitabile ed istantanea. Il giovane attore che presta il volto a Paul, Felix Krammer, ha dichiarato di aver sentito dei “rumori” in quel frangente e, girandosi, si è accorto che l’operatore britannico dietro alla macchina di presa stava effettivamente piangendo mentre lo stava riprendendo (il rimando alla splendida interpretazione di Ellen Burstyn in Requiem for a Dream è immediato).
Un altro aspetto interessante sono le location che sono state poi effettivamente scelte per fare da sfondo alle vicende. In questa sede ne analizziamo quattro: la galleria d’arte in centro a Praga, il cui meraviglioso soffitto ha stregato e convinto Berger e Friend, gli sterminati spazi sfondo delle scene di battaglia, il set con protagonista l’imponente tavolo dove si sono discusse le tempistiche della resa tedesca e la foresta nella quale Paul e Kat si addentrano per fuggire dal contadino infuriato per il furto delle sue uova.
La galleria d’arte si pone in perfetto contrasto con la tetra atmosfera generale del film. Il soffitto, in particolar modo, presenta una variopinta tavolozza di colori che sovrasta i giovani tedeschi in un momento chiave della pellicola: la scena in cui i ragazzi vengono arruolati nell’esercito, quando ancora sono ignari di ciò che effettivamente li attende. Il soffitto e i suoi colori si accostano meravigliosamente alla carnagione dei ragazzi e ad alcuni costumi utilizzati. Ma come illuminarlo per farlo risaltare al meglio? Friend utilizza l’escamotage di inserire nel controsoffitto dei palloni appositi in grado di sprigionare la luce necessaria.
Non altrettanto semplice è stato illuminare i campi di battaglia, la seconda location. Gli spazi erano sterminati ed è piuttosto arduo cercare di portare luce in un set così vasto e soprattutto in modo tale che non sembri un set di luci artificiali. Sono stati usati piccoli fuochi e flares vari per donare profondità ai campi, insieme ad una tecnologia innovativa chiamata ARRI Orbiter, la quale misura la frequenza di colore e intensità delle altre luci. La sequenza di prova delle luci in questa scena è talmente piaciuta a Berger che ha voluto assolutamente inserirla nel film. L’atmosfera creata dalle luci era tetra e cupa, tanto che l’azione sembrava ambientata in un cimitero, sensazione coadiuvata dagli alti alberi che fanno da contorno.
La terza location in esame è lo sfarzoso tavolo al quale i capi militari discutono i termini della fine della guerra. Anche questo set è stato allestito nella periferia di Praga ed è stata utilizzata una camera da 65 mm per catturare tutti i dettagli della scena e del lungo tavolo. L’obiettivo era quello di creare una sorta di dipinto in opposizione con gli scenari sanguinosi del campo di battaglia, posizionando con cura il tavolo stesso e le persone intorno ad esso, alla giusta distanza. Per illuminare il tutto è stato scelto un altro pallone luminoso, stavolta però dalle grandi dimensioni.
Il quarto e ultimo set è quello della foresta nella quale Paul e Kat si rifugiano dopo aver sottratto ad un contadino delle uova fresche. Il bosco è quasi spettrale e reso ancora più etereo dall’aggiunta della neve in post-produzione. L’umore che suscita la scena è confermato dal fatto che a sparare a Kat sia proprio il giovanissimo figlio del contadino, il quale non preme il grilletto in un impeto improvviso, per paura o per cercare di difendersi, ma lo fa consapevolmente per vendicarsi, con un gesto decisamente sproporzionato rispetto al crimine, tanto che prima di sparare, i due si scambiano uno sguardo profondo in una manciata di interminabili secondi. Bisognerebbe ovviamente soffermarsi di più sulle vere ragioni dietro all’agguato a Kat, è quasi come se anche i più piccoli si fossero infettati dal virus dell’odio proprio della guerra. La foresta è rappresentata sullo schermo in maniera quasi mistica, profonda, che restituisce un assurdo senso di pace, quasi come se Kat stesse effettivamente già mettendo un piede in paradiso. La stessa ambientazione era stata precedentemente utilizzata per uno dei momenti più gioiosi del film a guerra già iniziata per Paul e compagni: la scena in cui il protagonista e lo stesso Kat riescono a rubare al medesimo contadino un’oca da portare ai commilitoni per cena. Insomma, decisamente un bel contrasto.
In conclusione, la fotografia di Friend, unita alla regia di Berger ci regalano un capolavoro del cinema contemporaneo, che ci insegna a non commettere più gli stessi errori del passato.
Per oggi è tutto, il prossimo articolo sarà su Bardo, la Cronaca Falsa di Alcune Verità.
Grazie per aver letto il post.
Claudia
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